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Storia e Origini I presunti progenitori del cavallo

Storia e Origini I presunti progenitori del cavallo sono apparsi sulla terra circa 55 milioni di anni fa. Gli evoluzionisti hanno una buona conoscenza del processo evolutivo che ha portato alla specie attuale (vedi anche Evoluzione del cavallo). Gli studi sui fossili dimostrano che il probabile progenitore dell'odierno cavallo (Hyracotherium) era alto non più di 30-40 cm al garrese ed i suoi arti avevano almeno 4 dita; il suo ambiente era la foresta ed aveva una dentatura di tipo onnivoro. Durante il processo evolutivo, i suoi discendenti si adattavano progressivamente alla condizione di erbivori stretti e alla vita nelle praterie; la statuta aumentava, gli arti diventavano più lunghi, diminuiva il numero delle dita e i denti si modificavano progressivamente aumentando in lunghezza e nei caratteri della superficie masticatoria. Il cavallo odierno, Equus caballus, e gli altri appartenenti del genere Equus poggiano sull'unico dito rimastogli: il medio. In America, il cavallo si estinse in epoca preistorica, contemporaneamente ad altri grandi mammiferi; fra le ipotesi per tali estinzioni, il disturbo antropico costituito dalla caccia da parte dell'uomo. Sopravvissuto in Europa e Asia, la prima evidenza storica dell'addomesticamento del cavallo si ha in Asia Centrale verso il 3000 a.C. Un progenitore dei cavalli attuali è considerato il tarpan, un cavallo selvatico europeo ufficialmente estinto nel 1876.


La Storia Quando, nel 1519, l'esigua schiera di Spagnoli capitanata da Ferdinando Cortes s'inoltrò fra le gole e i deserti del Messico, si vide fatta segno da parte degli indigeni a straordinarie manifestazioni di rispetto e di deferenza: gli Aztechi veneravano nei pallidi guerrieri venuti dal Levante i compagni di Queztalcoatl, il dio fondatore della stirpe, signore del tuono e della folgore, dal torso d'uomo e dal corpo belluino. Non avevano mai visto un cavallo, quegli ingenui sudditi di Montezuma, e credevano che gli Spagnoli fossero tutt'uno coi loro animali, come giganteschi centauri. In America, infatti, fino all'arrivo degli europei, il cavallo era del tutto sconosciuto: e ciò appare piuttosto strano a noi, che siamo abituati da millenni a considerarlo come il compagno indivisibile dell'uomo in tutte le sue imprese di guerra e di conquista. In Europa e in Asia esso compare fin dalla più remota preistoria; senza risalire all'età paleolitica (sulla parete di una grotta della Dordogna è dipinto un bellissimo cavallo in corsa, che risale a forse 50.000 anni fa), basta pensare alle civiltà degli Arii in India, dei Cinesi e dei Giapponesi in Estremo Oriente, degli Assiri e degli Ittiti nel Mediterraneo, per vedere, protagonista di ogni fatto storico, l'uomo a cavallo. Greci e Romani avevano per i cavalli, per le corse dei cocchi, per l'equitazione, una passione che rasentava il fanatismo: Caligola, il folle imperatore, arrivò a creare senatore il suo cavallo Incitatus, e a fargli costruire una scuderia di marmo e d'argento. Dalle gradinate del Circo Massimo le grida frenetiche di 200.000 spettatori accompagnavano il galoppo delle quadrighe; spesso, fra i sostenitori delle due parti avverse, scoppiavano zuffe sanguinose. Crollò anche l'impero romano, con la sua decadente e raffinatissima civiltà forse una delle poche cose che sopravvissero a tanto sfacelo fu l'arte equestre, che si venne sempre più affermando come privilegio della nobiltà. Le pianure di Maremma e di Normandia fornivano ai cavalieri medioevali i massicci stalloni da guerra, capaci di sopportare il peso delle grevi armature: e si può dire che, dal XII fino al XVII secolo, fino a quando, cioè, gli Inglesi cominciarono ad incrociare i loro cavalli con quelli arabi, gli allenamenti, i metodi, e i mercati italiani dominarono il mondo ippico d'Europa. Oggi esistono decine di razze equine, spesso assai diverse l'una dall'altra, adatte ai più svariati compiti. Così l'Hackney, inglese, un bel animale dalle forme robuste, che si presta sia al tiro leggero che alla sella; il Pony, piccolo e tozzo la cavalcatura prediletta dai bambini; il cavallo da polo, simile al precedente, allevato appositamente per questo gioco; lo Shire, un mastodontico cavallo da tiro, dalle zampe larghe e pelose, pesante fino a 10 quintali. In Oriente dominano il cavallo Arabo e il Berbero; piuttosto piccolo il primo, grigio pomellato, resistente e velocissimo; più robusto, di mantello rosso o roano, il secondo. Da incroci fra cavalli arabi e inglesi è nato, come si è detto, quel magnifico campione di velocità e di resistenza che è il purosangue inglese, dominatore degli ippodromi. Ottime razze sono pure la Normanna, adatta al tiro pesante, e l'Andalusa, indigena della Spagna, che produce cavalli vivaci e di bell'aspetto. In Italia abbiamo l'eccellente cavallo Sardo (o meglio, Arabo-Sardo, perché ottenuto originariamente da incroci con Arabi), il Maremmano, che costituiva il nerbo della nostra cavalleria, il Lipizzano, uno splendido cavallo di parata che si alleva nell'Istria, dal pelame bianchissimo. Da più di un secolo sono stati importati alcuni esemplari di purosangue inglesi da corsa; oggi gli allevamenti italiani di galoppatori sono tra i primi al mondo (gli sportivi ricordano ancora il grande Nearco, il puledro italiano che passò come un trionfatore sugli ippodromi d'Europa; fu venduto ad allevatore inglese per una somma pari a quattrocento milioni di lire). Nelle corse al trotto dominano invece, incontrastati, gli allevatori americani; anche i trottatori europei sono tutti originari d'oltre Atlantico. L'equitazione, che in Italia è stata rivoluzionata dal capitano Caprilli, ha raggiunto forse il suo massimo livello tecnico; è difficile pensare che i cavalieri futuri riescano a trovare qualcosa di nuovo in un'arte che viene praticata da migliaia d'anni. L'allevamento, invece, attende dalla scienza nuovi impulsi; effettivamente, oggi otteniamo cavalli migliori di quelli che si avevano solo cent'anni fa, tant'è vero che i record's sul miglio si abbassano di anno in anno. Il purosangue che vediamo sfilare davanti alle trincee prima della corsa, fremente di vita sotto il serico mantello baio o sauro, è il frutto di lunghi studi, di sapienti accorgimenti: per accrescerne le doti di resistenza e di velocità, per adattarlo al terreno elastico o pesante, per imprimergli lo spunto veloce ai nastri o sul traguardo, allevatore e trainer hanno dovuto spiegare tutta la loro esperienza e la loro sagacia. E quando il puledro rientra al peso, madido di sudore e con gli occhi iniettati di sangue, dopo la vittoriosa galoppata sulla pista erbosa, gli uomini che l'hanno curato e allenato lo accarezzano con gli occhi umidi dalla commozione: e in quel gesto è tutto l'amore dell'uomo verso il nobile animale che dai lontani, oscuri giorni della preistoria lo ha accompagnato nel suo lungo cammino.Testi tratti da:Enciclopedia VITA MERAVIGLIOSA Edizioni M. Confalonieri. ..


Il Tarpan Il tarpan (Equus ferus gmelini) è una sottospecie di cavallo selvatico europeo, estinto nel 1876, progenitore dei cavalli attuali. Negli anni Venti del XX secolo due zoologi tedeschi, i fratelli Lutz e Heinz Heck, tentarono di ricostruire la razza dei tarpan attraverso esperimenti di selezione. Heinz Heck fondò lo zoo di Monaco e ne fu direttore per molti anni, mentre Lutz Heck ricoprì la stessa carica allo zoo di Berlino. I due fratelli si erano già dedicati alla ricerca per far tornare in vita anche un'altra specie estinta di mammifero ungulato europeo: il bue selvatico, chiamato Uro. Incoraggiati dal successo ottenuto con gli uri, i fratelli Hack passarono alla realizzazione del tarpan. Dapprima selezionarono alcune razze di pony, dato che il tarpan era più piccolo dell'attuale cavallo. C'erano però due problemi; in primo luogo non esistevano razze di cavalli domestici che avessero il mantello di color grigio-topo tipico del tarpan, e in secondo luogo, nessuna razza esistente del cavallo aveva la caratteristica criniera corta e dritta dei tarpan. Il problema della criniera venne risolta con una sottospecie superstite dei cavalli selvaggi, i Przewalski della Mongolia. Il color grigio-topo venne invece risolto naturalmente, infatti tale colore apparve spontaneamente in alcuni puledri appena nati. Come già avvenuto per gli uri, i neo-tarpan risultarono più resistenti alle infezioni e al rigido clima siberiano rispetto ai cavalli domestici. Alcuni tarpan così ricreati furono introdotti nel Parco Nazionale polacco di Biebzra e, nel novembre del 1995, alcuni esemplari furono portati dalla Polonia alla riserva naturale della East Anglian in Gran Bretagna. Nel luglio del 1996 una femmina diede alla luce un puledro. Era il primo tarpan che nasceva in Gran Bretagna dopo più di 10.000 anni..